Milano,
raggiunta lunità, emanò nuovi provvedimenti
urbanistici, una serie di trasformazioni di notevole entità,
che mutarono il volto della città, influendo sulla sua
forma e sulla sua vita futura. Con i connotati delleclettismo,
la Galleria e la nuova sistemazione della piazza del Duomo, via
Dante più tardi, Foro Bonaparte, diedero inizio ad una
riconversione funzionale delle aree centrali, mentre, in una prima
espansione della città, si procedette alla costruzione
di nuovi quartieri, colmando gli spazi liberi tra i bastioni e
labitato e in seguito, anche se con povertà di idee,
estendendosi verso i due borghi medioevali - degli Ortolani e
di S. Gottardo -, fuori porta Orientale e a porta Volta. Tali
ampliamenti furono accompagnati dallistituzione di nuove
attrezzature ferroviarie - la stazione Centrale, la stazione delle
linee per Genova e per Erba, lo scalo delle merci - che richiamarono
una serie di iniziative importanti per lampliamento della
città. Lattività edilizia legata alla nuova
dimensione che veniva acquistando la città nellltalia
unita, affrontò proprio in questi anni innovazioni urbanistiche
dovute in massima parte al piano regolatore di Cesare Beruto.
Elaborato tra il 1884 e il 1889, esso ebbe una cosi determinante
efficacia sulla espansione morfologica della città, da
continuarne gli influssi fino quasi alla seconda guerra mondiale.
Il piano Beruto si può, infatti, considerare il primo piano
regolatore di Milano e anche il primo progetto che ne prese in
considerazione lespansione. Esso incontrò grande
e rapida fortuna quanto eccezionale attuazione - prima ancora
della fine del trentennio per il quale era stato preventivato
- a causa dei momento storico che viveva Milano, sintetizzato
in un notevole sviluppo imprenditoriale e in un celere incremento
della popolazione, oltre che nei criteri e nelle scelte qualitative
su cui il piano poggiava; piano che fu ben presto criticato -
ad esso si fanno risalire molti dei mali della Milano di oggi
- per la sua configurazione radiocentrica e monocentrica, che
prevedeva lespansione della città a macchia dolio
in tutte le direzioni, ma con lottizzazioni irregolari e frazionate
che aprivano lavvio a quei difetti poi accentuati dal Masera
e dallAlbertini. Sorsero cosi in un intenso fervore costruttivo,
accompagnato da un accrescimento rapido e urgente, nuovi quartieri,
sulla base della configurazione radiocentrica della rete stradale
e, tra questi, alcuni intorno al Parco, con architettura di lusso
e altri oltre i bastioni - specialmente a porta Venezia e alla
stazione Centrale - con architettura popolare. Allinizio
del secolo XX, trovandosi dunque Milano in grande attività
edile, si rese necessario disciplinarne in qualche modo lespansione;
dopo alcuni studi parziali - di trasformazione o di ampliamento
- si varò nel 1912, a cura di Angelo Pavia e Giovanni Masera
un nuovo piano regolatore generale e di ampliamento. Per la parte
interna si prevedeva un tentativo di sistemazione locale su grandi
viali rettilinei, arterie diagonali, incroci, ecc. e per quella
esterna un allargamento delle zone periferiche basato su un futuro
e congruo accrescimento della popolazione. Il piano non ebbe però
né unità né organicità e la mancanza
di una chiara direttiva, invece che attenuare, peggiorò
gli inconvenienti del piano Beruto. Il progresso edilizio si andò
man mano intensificando, quando si diffuse la novità dellArt
nouveau internazionale, novità che diede vita in Italia
al cosiddetto stile Liberty. Il coincidere di tale stile con il
boom edilizio fecero di Milano la città più liberty
del Paese. Il nuovo orientamento invase in modo sistematico, come
architettura per case di abitazione, le zone Magenta, Sempione,
oltre porta Venezia, porta Romana e la stazione Centrale; si infiltrò
nel centro e diede il volto a un intero periodo dellurbanistica
cittadina.
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